Un’idea
bizzarra ma vincente: dare a una canzone un titolo banale, che evoca il
sentimento più sfruttato in musica e che implica, senza filtri, un
esplicito significato romantico, per affrontare, invece, temi
squisitamente politici. Un’intuizione spiazzante, un trompe l’oeil che
disorienta l’ascoltatore pronto a immergersi nella dolcezza di una
dichiarazione d’amore. Che, tutto sommato, è presente, ma non riguarda
una donna, bensì un paese, l’Irlanda. Descritta dal frontman dei
Fontaines, Grian Chatten, come "la prima canzone apertamente politica che abbiamo scritto", I Love You è cantata dal punto di vista di un orgoglioso irlandese che vive all’estero e pensa continuamente alla propria patria.
“Beh, ti amo, immagina un mondo senza di te
Sei sempre e solo tu, penso solo a te
E se è una benedizione, lo voglio per te
Se devo avere un futuro, lo voglio con te”
Il nostro irlandese, però, anche se, da un lato, prova sentimenti d’orgoglio per la terra natia, a cui ripensa con trasporto nostalgico, dall’altro, non può fare a meno di provare irritazione per il clima politico attuale e per quel fardello insopportabile, rappresentato da anni di storia sanguinosa e dalle cupe atrocità con cui l’Irlanda, spesso in passato, si è presentata agli occhi del mondo.
Il dito è puntato soprattutto sulla Mother and Baby Home di Tuam, nella contea di Galway, un centro di accoglienza per ragazze madri e i loro figli nati fuori dal matrimonio, operante fra il 1925 e il 1961. Nel 2017, nei pressi di quella struttura, fu scoperta una fossa comune contenente i corpi di ottocento bambini. La storia di Tuam, è molto simile a quella di altre strutture presenti nel Paese dove, in quegli anni, 35 mila madri single furono costrette a partorire e, spesso, a lasciare lì i loro figli. Le condizioni erano talmente difficili che, secondo il rapporto della Mother And Baby Homes Commission Of Investigation, tra il 1925 e il 1961 a Tuam sarebbe morto in media un bambino ogni due settimane. Numeri terrificanti, che ispirarono a Chatten il verso:
“Ma quest'isola è abitata da squali
con ossa di bambini conficcate nelle mascelle”
Cresciuto
a Skerries, una cittadina irlandese a nord di Dublino, Grian Chatten è
ora un irlandese che vive all'estero. Lui, insieme al resto della band,
infatti, lasciò l'Irlanda per intraprendere la carriera musicale a
Londra.
A proposito di I Love You
e del suo essere volontario esule lontano dalla terra natia, Chatten
ebbe modo di dire, durante un’intervista a Rolling Stone: “Spiritualmente,
ci sono due parti. Sono in una posizione in cui ho fatto carriera
cercando di connettermi e di rappresentare la cultura e il paese da cui
provengo, cercando di esprimerlo e, a sua volta, così facendo, capirlo
io stesso e aiutare le altre persone a comprenderlo. Mi sono, però,
trasferito da quel paese e ora vivo in un paese che è responsabile di
gran parte del caos della terra da cui provengo. Mi sento in colpa per
averlo lasciato. Mi sento come se avessi abbandonato l’Irlanda”.
A prescindere dalla profondità testuale e dalla tensione che attraversa il brano, una sorta di sfogo senza filtri in cui Chaten prende fiato solo alla fine dell’esecuzione, è interessante ricordare una curiosità, che ha dato al brano la forma che oggi conosciamo. Durante la jam session da cui nacque I Love You, il batterista della band, Tom Coll, ha improvvisamente smesso di suonare ed è andato alla porta per ritirare un ordine di Deliveroo, lasciando che il resto dei Fontaines continuasse senza di lui. Così, quando Chatten inizia la sua invettiva finale, non c’è la batteria a sostenerlo, che rientra solo più tardi, quando Coll, ritirato il cibo, si siede nuovamente dietro le pelli. Invece di scartare quella registrazione, la band ha deciso di tenerla, sovraincidendo il drumming in un secondo momento: troppo buona quell'esecuzione per decidere di accantonarla. Una scelta eccentrica, che però si è rivelata efficacissima.
Blackswan, lunedì 02/12/2024