lunedì 3 aprile 2017

NOAH HAWLEY – PRIMA DI CADERE



Un jet privato diretto a New York si schianta nell’Atlantico 18 minuti dopo il decollo. Un pittore, Scott Burroughs, sopravvive all’incidente e riesce a portare in salvo un bambino, JJ Bateman, nuotando nelle gelide acque per otto ore -22 km- con una spalla lussata. Sembra un miracolo, un segno del destino, Scott è un eroe. Ma non per tutti. Le vittime, oltre all’equipaggio e alla scorta, hanno nomi importanti: Sarah e Ben Kipling – famigerato banchiere – e il resto della famiglia Bateman, composta da Margaret, Rachel e David, padre fondatore della Alc News, canale televisivo che vanta circa 2 milioni di spettatori al giorno e uno staff di quindicimila persone. È proprio l’Alc News, tramite Bill Cunningham, il suo volto più rappresentativo, a insinuare i primi dubbi nel pubblico. Cosa ci faceva un artista misconosciuto con due fra le famiglie più ricche e influenti d’America? È un caso che l’incidente sia avvenuto in concomitanza delle grosse beghe legali di Ben Kipling? E se il disastro fosse in realtà un attentato? Sin dalle prime pagine la capacità straordinaria Noah Hawley, creatore anche della fortunatissima serie tv Fargo, incatena il lettore al libro. Ogni personaggio cela dei segreti, ogni profilo psicologico risulta complesso e i continui flashback tolgono a chi legge ogni certezza. Scott non ricorda quasi nulla del disastro aereo, mal sopporta la notorietà e sente il peso di essere considerato da molti un eroe ma da altri il principale sospettato. Ad essere messo sotto accusa è anche lo strano rapporto instaurato con il piccolo JJ.  

Sceneggiatore e produttore esecutivo di alcune fortunate serie televisive (Fargo e Legion, su tutte), il cinquantenne Noah Hawley conduce anche una parallela attività di scrittore, che l’ha visto pubblicare nel corso di un ventennio circa ben cinque romanzi. L’ultimo di questi, intitolato Prima Di Cadere, ha strappato il plauso unanime della stampa americana, con giudizi esaltanti da parte di autorevoli testate, quali il New York Times e il Washington Post. Ispiratosi chiaramente al disastro aereo del volo Germanwings del 2015, Hawley crea un intreccio narrativo perfetto, utilizzando con disinvoltura l’escamotage del flashback e discostandosi dall’azione principale, che si svolge in tempo reale, per indagare, attraverso capitoli dedicati, il passato di tutti i protagonisti della vicenda, di cui svela storie e segreti. Così facendo, lo scrittore newyorkese imbriglia il lettore in una ragnatela di indizi che lo portano fuori strada e lo confondono, convincendolo di aver compreso una verità (Terrorismo? Complotto? Errore umano?) che, invece, verrà svelata solo in un epilogo capace di smentire ogni plausibile ipotesi. Hawley, pur evitando di alzare il ritmo della narrazione e centellinando i colpi di scena, riesce comunque a tenere alta la tensione, giocando a rimpiattino con il lettore e ingenerando un profondo senso di inquietudine su una delle grandi fobie dell’uomo (volare). Se, come si diceva, l’architettura del romanzo è perfetta e la prosa risulta curata e ricca (le prime trenta pagine del libro possiedono una potenza visiva unica), tuttavia, Prima di Cadere presenta anche qualche difetto. In primo luogo, il finale, in cui il mistero viene svelato, pur essendo assolutamente plausibile, si presenta un po' frettoloso rispetto alla costruzione narrativa che lo precede. In secondo luogo, Hawley, che evidentemente puntava a qualcosa di diverso dal classico romanzo di genere, in alcune occasioni, si imbarca in digressioni esistenziali, francamente non necessarie all’economia del romanzo. Il risultato finale è comunque estremamente piacevole e il libro si fa leggere d’un fiato. 


Blackswan, lunedì 03/04/2017

domenica 2 aprile 2017

SUNDAY MORNING MUSIC



 

 

Died Pretty – Next To Nothing

Chiunque abbia a cuore il Rock australiano della metà degli anni ’80 conosce a memoria Free Dirt il 33 giri d’esordio dei Died Pretty. La band di stanza a Sydney, tra le cui fila spiccano le figure carismatiche del chitarrista Brett Myers e del cantante Ronnie Peno, si avvale della produzione dell’ex Radio Birdman Rob Younger e da subito verrà associata ai gruppi americani che animano in quegli stessi anni il movimento Paisley Underground: Dream Syndicate, Green On Red e Thin White Rope su tutti. Anche per i Died Pretty si tireranno in ballo influenze che vanno dai Doors ai Television, Psichedelia dei tardi anni ’60 e Post-Punk chitarristico. Il tutto arricchito da una tecnica strumentale ineccepibile e dalla qualità eccelsa dei pezzi in scaletta. Le indimenticabili Blue Sky Day, Wig-Out, Just Skin e l’apice emozionale del disco, Next To Nothing, che con il suo crescendo ritmico regala brividi oggi come trent’anni fa quando usci Free Dirt insuperato capolavoro dell’Aussie Rock. 




Screamin’ Jay Hawkins – I Put A Spell On You

Il più stravagante protagonista del R’n’B di ogni epoca? Facile, Screamin’ Jay Hawkins! Incredibile showman che, dagli anni 50 fino alla sua scomparsa nel 2000, non ha mai fatto mancare nulla al suo pubblico in quanto ad armamentario scenico. Una bara dalla quale esce all’inizio di ogni spettacolo, mantelli dalle fogge più disparate, incisivi leonini conficcati alle narici, cobra impagliato al collo e poi Henry, un teschio con la sigaretta tra i denti montato sulla sommità del suo scettro da capo tribù. Provocatorio, le sue esibizioni erano figlie dei pregiudizi più beceri sugli afroamericani, ma anche astutissimo manager di se stesso, una lunghissima carriera incentrata su un’unica vera hit. Quella I Put A Spell On You che diventerà popolarissima anche grazie alle versioni che ne daranno decine di altri artisti (CCR, Van Morrison, Brian Ferry, Animals, Nina Simone). Negli ’80 collabora con i Fuzztones mentre i Clash e Nick Cave lo vorranno in tour con loro. Dopo l’inverosimile cabaret messo su da Screamin’ Jay Hawkins, è stato più facile dare i numeri sul palco per altri “terroristi del voodoo” come Lux Interior e Screaming Lord Sutch.




The Cute Lepers – Terminal Boredom

I Briefs sono stati tra i pochi gruppi Punk del nuovo millennio a distinguersi, per coerenza stilistica e orgoglioso attaccamento alle forme originarie, nella stagione del Pop/Punk da classifica dei vari Green Day, Sum 41 e blink-182. Cinque fantastici album e una collezione di brani pazzeschi (sentitevi Can’t Get Through, 22nd Century Man oppure l’esilarante So Stupid) che fecero paragonare la band del cantante/chitarrista di Seattle Steve E. Nix ai Ramones come ai Buzzcocks e ai Generation X ai quali si rifaranno per il look: facce da schiaffi, capigliature bionde e occhialini in tinta. I Cute Lepers sono la loro ultima versione (altri tre album ricchi di ironia e R’n’R stradaiolo suonato a mille all’ora) il cui aggiornamento è fermo al 2011 con Adventure Time. Terminal Boredom, tratta da Can’t Stand Modern Music del 2008, è uno di quei pezzi che non può mancare nelle case di tutti coloro che ogni 14 dicembre festeggiano il London Calling Day.





Porter Stout, domenica 02/04/2017

sabato 1 aprile 2017

SUNNY SWEENEY – TROPHY (Aunt Daddy Records, 2017)



La giovane Sunny possiede una gran bella voce e spesso allieta le serate degli amici imbracciando la chitarra. Eppure, per Sunny la musica ha un valore relativo: lei vuole diventare attrice, le interessa il teatro off, l’improvvisazione, il contatto diretto col pubblico. Così, alla prima occasione, se ne va da Austin, città in cui vive, e abbandona l’università, per trasferirsi a New York, dove vuole studiare recitazione. Si porta dietro la sua chitarra, però, e quando suona, i compagni di corso la spronano a concentrarsi sulle canzoni e sulla sua bella voce. Convintasi, allora, di avere più talento musicale che recitativo, Sunny torna in Texas, consegue la laurea in relazioni pubbliche e comincia la gavetta di musicista, suonando nei locali della cerchia metropolitana di Austin. Il primo album autoprodotto (Heartbreaker's Hall of Fame), esce nel 2006, e poi, successivamente, viene ripubblicato, quando firma un contratto con la Big Machine Records. Il disco ha un buon ritorno di vendite a livello locale, ma riscontri migliori arriveranno solo successivamente con Concrete (2011), primo disco prodotto dalla neonata label Republic Nashville, nata dalla join venture fra BMR e Universal. Con Provoked, uscito nel 2014, Sunny conferma il proprio trend di artista capace di piazzare singoli nelle parti alte delle classifiche di genere, senza però riuscire a sfondare sulla lunga distanza dei full lenght, che non riescono mai a scalare le pendici delle charts americane. E questo nonostante i termini lusinghieri della stampa specializzata, che non lesina consensi e stellette. Cosa succederà con questo Trophy, uscito qualche giorno fa, non è dato sapere. Quel che è certo è che la critica musicale statunitense ne sta parlando già da qualche tempo con toni entusiastici. E a ragion veduta. Il disco, relativamente breve, è composto di dieci canzoni che abbinano il fascino della vecchia scuola country a un suono fresco e moderno, riconducibile ad artiste della medesima estrazione della Sweeney, quali Miranda Lambert o Elisabeth Cook. L’approccio filologico è immediatamente riconoscibile nell’opener Pass The Pain, country soul alle Willie Nelson, in cui Sunny canta il potere lenitivo dell’alcool, o in I Feel Like Hank Williams Tonight, intensa ballata che esibisce con orgoglio il senso di appartenenza a una scuola musicale. Un’appartenenza condivisa anche da Lori McKenna, che con Sunny firma l’appassionata There’s Nothing Wrong With Texas, canzone dedicata alle radici texane e alla gioia che si prova ogni volta che si fa ritorno a casa. Tuttavia, Sweeney, pur declinando tutto il suo amore per il country, evita l’ortodossia, imbastardendo il suono con accenti metropolitani e rock, come succede magnificamente in Better Bad Idea e in Pills, in cui la songwriter racconta senza filtri una passata dipendenza da farmaci (I’ve been clean for years, but to be completely honest, I think about it all the time). 




In questi due episodi, per intenderci, ci muoviamo su territori contigui a quelli esplorati da Elisabeth Cook con Exodus In Venus dello scorso anno: morbidissima nelle ballate, Sunny dimostra di essere altrettanto credibile quando sfodera elettricità e grinta da rocker. Cosa che succede anche Why People Change, rock sudista il cui riff stonesiano e sporco chiama in causa addirittura i Black Crowes. Se il vertice del disco è rappresentato da Bottle By My Bed, una ballata assassina illanguidita da una sottile partitura di violoncello, il finale di scaletta è un uno-due da ko: la title track, dalla ritmica vagamente reggae e dal ritornello pop irresistibile, e la conclusiva Unsaid, ballata di grande atmosfera, in cui la Sweeney esibisce tutto il suo talento vocale con un’interpretazione appassionata e di grande effetto. Trophy è un disco senza cedimenti, che nobilita la grande tradizione roots, esibendo nel contempo una modernità e una freschezza di songwriting davvero inusuali. Alla Sweeney non manca nulla per essere annoverata tra le migliori artiste country in circolazione, se non forse l’album dall’eclatante riscontro mediatico, che la conduca definitivamente fuori dai confini della scena texana, imponendone il nome a livello nazionale. Con questo nuovo e azzeccatissimo Trophy, potrebbe esserci riuscita.

VOTO: 7,5





Blackswan, sabato 01/04/2017