Al Kooper e Mike Bloomfield si conoscono durante le sessioni per la registrazione di “Highway 61 Revisited” di Dylan. Il primo, di li a poco fonderà, i Blood Sweat & Tears, gruppo che mastica jazz contaminato da rock e blues; il secondo è il chitarrista di una delle band più rivoluzionarie dei tempi, la Paul Butterfield Blues Band.I due si piacciono immediatamente, visto che condividono una passionaccia per le improvvisazioni e il blues.Così Kooper, un paio d’anni dopo, chiama Bloomfield per realizzare un disco che nelle intenzioni dovrebbe essere una sorta di manifesto del genere. I due iniziano a lavorare con intensità, chitarra elettrica ed hammond si intrecciano in canzoni che incarnano perfettamente lo spirito libero dell’epoca: si parte dal blues per esplorare, poi, senza briglie, i confini del rock psichedelico e quelli dell’improvvisazione jazz. Ma Bloomfield molla presto il colpo: la dipendenza dell’eroina ed un carattere instabile ai limiti della psicopatia lo fanno letteralmente fuggire dalla sala d’incisione.Lascerà solo un laconico bigliettino (“ Non riuscivo a dormire.Torno a casa “ ) per poi sparire nel nulla. Kooper non si perde d’animo e sostituisce Bloomfield con Stephen Stills.Il disco, dal titolo ambizioso di “ Super Session “, nonostante le traversie, sarà un capolavoro.Qualche mese dopo Kooper ci riprova. Richiama Bloomfield per un breve tour da cui dovrà vedere la luce anche un album live. Le serate previste sono tre, tutte al Fillmore Auditorium di San Francisco, con due set previsti per giornata. Le prime due serate filano lisce ed esaltanti.Ma la terza sera Bloomfield sparisce di nuovo. Kooper recluta al volo Steve Miller e un imberbe Carlos Santana ( qui alla sua prima registrazione ufficiale ) e continua concerto e registrazioni.Il disco che nascerà da queste tre serate ( “Live adventures of Mike Bloomfield e Al Kooper “ ), sarà l’ennesima pietra miliare rock-blues. Mike Bloomfield era così, totalmente inaffidabile, prendere o lasciare.Folle e geniale, chitarrista d’avanguardia ma anima fragile in balia delle droghe, Bloomfield ebbe il merito di aprire la strada ai grandi chitarristi bianchi che poi si affermarono col boom del blues inglese datato 1968. Aveva un modo di suonare particolarissimo, perché a differenza di moltissimi bluesman preferiva un suono pulito, con abbondanza di vibrato e scarsissimo uso delle distorsioni.Alternava la Fender Telecaster alla Gibson Les Paul, di cui divenne uno dei migliori interpreti di sempre per la sua innata capacità di trarre dallo strumento suoni prolungati e sostenuti.La dipendenza dall’eroina,che lo accompagnerà per tutta la carriera ( imperdibile “Analine” del 1977 ) e una grave forma di artrite alle mani, lo uccideranno, a soli trentasette anni, nel 1981.
Blackswan, domenica 09/10/2011
9 commenti:
Mi comprai "Super Session" ma non lo digerii, fatto sta che lo rivendetti, ora mi hai fatto venire voglia di riascoltarlo... corsi e ricorsi musicali!
@ Novalis ; succede.Io ascoltai Aqualung dei Jethro Tull una volta, e poi lo lasciai lì a macerare per un anno e passa.Adesso lo adoro.Super Session è uno di quei dischi che ascolto ancora con somma devozione.
Le vicende di Bloomfield mi hanno sempre ricordato quelle quasi contemporanee di Tommy Bolin:un altro genio inaffidabile ed incostante che si fermò troppo presto."Super Session",di solito,lo ascolto quando ho bisogno di una genialata
@ Massi:Mi hai ricordato di Come taste the Band.Grande disco.
@Blackswan:Già,anche se ho un problema con Coverdale:mi sta sui coglioni
Un genio, non c'è molto altro da dire....
@ Massi : sai che invece a me Coverdale piace più di Gillan ? Sarà il timbro più bluesy...
@ Lozirion :Adoro la Gibson Les Paul e secondo me Bloomfield la faceva suonare come pochi altri al mondo...
@Blackswan:Non è una questione di timbro,ma di atteggiamento.Quello di Coverdale non m'è mai piaciuto
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