sabato 14 settembre 2013

JAMES MADDOCK – ANOTHER LIFE



Inglese del Leicestershire, James Maddock ha scelto di trasferirsi  a vivere negli States esattamente come fece quasi cinquant’anni fa Graham Nash. Ma mentre Nash andò in California a incontrare l’amore (Joni Mitchell), Maddock è fuggito da casa per curare le ferite di una storia che gli aveva spezzato il cuore. Ad ogni modo, e con le dovute proporzioni, per entrambi è stato l’inizio di un percorso musicale ricco di successo e di soddisfazioni. Maddock ora è di casa a New York, città che adora, che racconta in bellissime canzoni (andatevi a recuperare l’ottimo Sunrise On Avenue C. del 2010), e che gli ha rubato non solo l’anima, ma anche i modi e i costumi, tanto che oggi il cantautore inglese può essere considerato newyorkese  a tutti gli effetti. Non quindi lo spaesato Englishman In New York di cui cantava Sting(“non bevo caffè, prendo the, mia cara”), ma un artista che si è tanto appassionato alla cultura musicale americana da essere diventato, come capita spesso ai neofiti, più americano degli americani, più realista del re. Certo, ogni tanto le radici affiorano, e in Another Life ci sono un paio di brani, That’s Heavy e Making Memories, in cui riemerge un retrogusto celtico per le atmosfere brumose di certe lande perse nel cuore dellInghilterra. Ma sono solo attimi, e come per i lavori precedenti anche quest’ultimo disco ci riporta alle sonorità tipiche del cantautorato a stelle e strisce, quello che parte dal Greenwich Village e dal sogno della Grande Mela, per attraversare poi gli States in un coast to coast raccontato con la prosa appassionata dell’ultimo dei romantici. 





Another Life è sicuramente il disco più acustico di Maddock, l’elettricità è centellinata (I’ve Been There Too), le canzoni virano definitivamente verso una ballata agrodolce che sembra essere nata dal sodalizio artistico fra i Counting Crows e il Willie Nile più morbido. Dal canto suo Maddock ci mette alcune canzoni mozzafiato (Arizona Girl, Another Life), malinconiche riflessioni sulla vita (If I Had A Son) e panoramiche a volo d’uccello, leggerissime e al contempo intrise di mestizia (What Have I Done). La morbida cartavetrata della voce di James (ossimoro che spero condividerete ascoltando il disco) e una cura artigianale nei suoni, sono la confezione di un filotto di canzoni suonate in punta di plettro e rivolte a un pubblico che ama i toni dimessi e colloquiali. Un modo di fare musica che si è un po’ perso, fagocitato da un mondo (anche musicale) che viaggia a cento all’ora e che anche quando si esprime in acustico preferisce il mainstream di artisti con un hype superiore ma un talento decisamente modesto. Pertanto, se amate aggirarvi in questi territori, provate Maddock, ve ne innamorerete perdutamente.

VOTO : 7,5 




Blackswan, sabato 14/09/2013

5 commenti:

Euterpe ha detto...

grande artista davvero anche in versione live.
un peccato che tu non sia riuscito a vederlo a Pusiano nello scorso mese di luglio.

Blackswan ha detto...

@ Euterpe : Dal momento che sono anche Buscaderiano nell'anima, mi sono mangiato le mani. Ho letto ovunque delle sue splendide performance live. Sarà per il prossimo anno...

mr.Hyde ha detto...

Un tipo di musica che si è perso, da piccoli locali, non da stadio..

Baol ha detto...

Non è che vorrei un'altra vita, ne vorrei una parallela, si può?

:)

Blackswan ha detto...

@ Mr. Hyde : esatto, perfetta per un contesto come il pub.

@ Baol: Un'altra ? Io ne ho già fin sopra i capelli di questa...