Se Edge Of The Sun fosse l'esordio di una giovane
band che si affaccia per la prima volta sulle scene,
sottolineeremmo immediatamente due cose: che si tratta di un disco suonato
in grazia di Dio e che tra le diciotto canzoni in scaletta risaltano alcune
piccole gemme così interessanti da far presagire un radioso futuro. Diremmo
probabilmente che ci sarebbero ancora buoni margini di miglioramento, ma che i
giovani di cui sopra avrebbero già evidenziato grande talento e doti musicali
di sicura suggestione. I Calexico, invece, non sono certo un gruppo
di sbarbati, anzi sono arrivati al loro nono disco in studio e hanno
all'attivo, parlo di Joey Burns e John Convertino, una militanza
remota anche nelle fila dei Giant Sand insieme a Howe Gelb (mica piazza e
fichi, insomma). Un cotanto passato, ne converrete, impone
inevitabilmente il confronto con tutto quello che già c'è stato e che già
abbiamo ascoltato. Chi è da sempre un fan della band, chi fin dalla prima ora
si è innamorato di questa musica nata al confine fra Stati Uniti e Messico
e nutrita per anni con cinema western, sonorità mariachi, rock, alt
country, tequila e deserto, si sarà accorto che qualcosa è cambiato. Non
voglio dire necessariamente in peggio (dipende dai punti di vista e immagino
che molti apprezzeranno questo processo di normalizzazione), ma è indubbio che
oggi la band originaria di Tucson sia qualcosa di diverso da quella che, nel
1998, ascoltavamo fra i solchi di The Black Light. I Calexico, infatti, sono
diventati una band mainstream a tutti gli effetti, capace di sfornare deliziose
gemme pop che, come già avvenne per il precedente Algiers (2012), si infilano
con sempre più insistenza nei palinsesti radiofonici. Prendete
Falling From The Sky, la canzone che apre il disco: personalmente, faccio davvero
fatica a ricondurla alla scrittura di Burns & Convertino, eppure è così
morbida e melodica (tastierine incluse) da rapirci in numerosi ascolti. E
non è certo l'unico episodio "very catchy" di un disco che
apparentemente mantiene immutata l'estetica Calexico (il Messico, luogo in cui
l'album è stato prevalentemente concepito, è una presenza costante), ma che in
realtà punta con decisione ad aperture sempre più convenzionali. Mancano i
fantasmi, manca il respiro mozzato dalla polvere, manca il sudore del
vagabondaggio, e lo sguardo, se mi si passa la similitudine, non è più quello
curioso del viaggiatore, ma è lo sguardo semmai del turista, che sogna
vacanze esotiche rimirando una cartolina. Resta, tuttavia, in sottofondo quella
sfumata malinconia che è da sempre segno distintivo delle canzoni dei
Calexico, ma per converso è evidente che Edge Of The Sun rappresenti il
passaggio (definitivo?) dalla produzione artigianale a quella industriale.
Per il momento il prodotto è ancora di qualità, ma si sa quali sono i rischi
che si corrono con la grande distribuzione.
VOTO: 6,5
Blackswan, venerdì 24/04/2015
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