Questa è una recensione da scrivere in piedi, con
inchino e baciamano, visto che quando si parla di Wynonna Judd si parla di una
vera e propria istituzione della musica country. Massimo rispetto, dunque, per
un'artista che nella sua carriera ormai più che trentennale (la signora compirà
a breve cinquantadue anni) ha snocciolato numeri da capogiro. In coppia con la
madre, Naomi, nel 1983, Wynonna fondò, infatti , le Judds, un duo che in
poco più di un lustro di attività si mangiò letteralmente le classifiche
americane di genere. Ventitre singoli piazzati nella Billboard Hot Country, di
cui quattordici al primo posto, venti milioni di dischi venduti, otto Academy,
cinque Grammy Award, nove Country Music Association, e un numero imprecisato di
altri riconoscimenti, sono il pedegree del duo country economicamente più
rilevante di sempre, in condominio con Brooks & Dunn (che però presero
piede nel decennio successivo). Quando Naomi, per una grave forma di epatite,
molla il colpo, Wynonna, abbandona il cognome che l'ha resa celebre (per inciso
la sorella è l'attrice Ashley Judd), e inizia una carriera solista dal
successo non sempre esaltante, soprattutto per quegli episodi che la vedono allontanarsi
dal country pop, alla ricerca di altre forme espressive più contigue al rock e
alla soul music. Personaggio a tutto tondo dello star system americano,
Wynonna, nell'ultimo decennio, ha mollato lo studio di registrazione,
limitandosi a svariate collaborazioni, e dedicandosi soprattutto alla
televisione e a concerti per scopi benefici. L'ultimo album in studio,
What The World Needs Now Is Love, risale infatti al 2003, la bellezza di dodici
anni da questo attesissimo ritorno sulle scene, per il quale Wynonna, ha voluto
fare le cose in grande. In primo luogo, ha messo in piedi i Big Noise, band di
apprezzati sessionisti, tra cui il batterista Cactus Moser, anche produttore
dell'album e già membro degli Highway 101; in secondo luogo, si è avvalsa di
alcune prestigiose ospitate, tra cui Derek Trucks e Susanne Tedeschi, Jason
Isbell e Timothy B. Schmit (leggasi Poco e Eagles). Il risultato è un disco
vario e gustoso, suonato meravigliosamente da tutti i musicisti chiamati in
causa, e cantato anche meglio da Wynonna, la cui voce duttile e soul riesce a
giocare con diversi registri, a seconda delle necessità. In scaletta, dodici
canzoni, di cui solo una a firma della Judd, che si muovono con leggerezza fra
country e pop, blues e soul, tenendo un occhio alle charts e uno alla qualità
del prodotto. Così, anche nei momenti maggiormente radio friendly (Jesus And
The Jukebox, You Are So Beautiful, Cool Ya), la proposta rimane di livello e
non perde di credibilità. Poi, ci sono anche gran belle canzoni, come il r'n'b
sanguigno che apre l'album, Ain't No Thing, a firma Chris Stapleton e suonata
in duetto con la Tedeschi, il country morbido di Things That I Lean, che vede
il contributo di Jason Isbell, e la splendida Keeps Me Alive, con una prova
magistrale (ma va?) di Derek Trucks alla chitarra. Un ritorno sulle scene
in grande stile, dunque, per un'artista capace di far convivere, dentro le sue
canzoni, l'anima nera e quella bianca della musica a stelle e strisce. Con
sguardo divertito e mestiere da vendere.
VOTO: 7
Blackswan, martedì 15/03/2016
2 commenti:
tempo fa mi dicevo, chissà se riuscirò in giro a trovare una recensione di questo disco che mi incuriosisce molto? Ecco qua, dove non trovarla se non qui. perfetto come sempre
@ Alessandro: Grazie a te come sempre. Questi sono dischi che, come ben sai, non hanno molto mercato da noi.
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