Se dividessimo i dischi
tra necessari e complementari avremmo già trovato la collocazione di Shine a light, album recentissimo dato
alle stampe dall’inedito duo composto da Billy Bragg e Joe Henry. Shine a light infatti altro non è che un
omaggio alla tradizione del blues, con una declinazione però molto particolare:
interpretare solo canzoni che hanno come fil rouge il treno. Quel treno che
rappresenta una fondamentale parte della storia americana della pre-esplosione
dell’auto (e di Detroit, ma questa è un’altra storia). Per l’America il treno
ha rappresentato per lungo tempo l’unica via di collegamento per una nazione
infinitamente grande, la speranza di poter visitare luoghi remoti (e
dannatamente selvaggi), il desiderio di fuggire, che ha trovato poi la sua
sublimazione nell’auto, che ha di fatto relegato la rotaia principalmente quale
mezzo per il trasporto delle merci. I bluesmen degli anni venti e trenta hanno
però cantato a piene mani il mito del treno, creando una mitologia del racconto
anche in prima persona; d'altronde, quanti di loro sono partiti dai campi di
cotone per raggiungere Chicago e dare vita al movimento blues più entusiasmante
del dopo guerra? Bragg ed Henry dunque, come anziani filologi, sono andati a
pescare 13 canzoni della tradizione americana che parlano del mito della
ferrovia negli States. Non contenti di ciò, hanno imbracciato le chitarre
acustiche, hanno portato con loro un tecnico del suono con un pc e due
microfoni ed hanno comprato un biglietto con partenza dalla Union Station di
Chicago ed arrivo a Los Angeles. Nelle soste, lungo l’America anonima degli
stati centrali che ha contributo in maniera fondamentale a costruire il mito,
si sono messi a registrare Shine a light,
il cui sottotitolo inevitabilmente recita “Field recordings from the Great
American Railroad”. Nel sottofondo dei brani infatti si sentono i rumori tipici
delle stazioni ferroviarie, l’andirivieni di personaggi sconosciuti che solo
per pochi minuti condividono una hall o un binario. Uno di quei dischi in cui
il concetto è talmente affascinante da superare l’interpretazione, sulla quale
però non si può eccepire nulla. La coppia Bragg/Henry viaggia su registri
diversi, come ovvio se li si conosce nella loro discografia personale: Henry
più elegante, Bragg più artista di strada. Ma l’incontro funziona, anche grazie
a canzoni leggendarie come “In the pines” di Leadbelly o “Early morning rain”,
che comunque li girate rimangono classiconi imperdibili. Come detto però il
fascino dell’idea travalica il risultato finale e non si può non lasciarsi
trasportare immaginando in quale magica location i due abbiano registrato le
tracce, magari sotto il tetto dell’ imponente stazione di Saint Louis o
direttamente accanto al binario a San Antonio. Motivo per il quale Shine a light rientra nella categoria
dei dischi complementari, quelli che cioè un vero amante del blues, anch’egli
filologo, dovrebbe possedere per completare la propria collezione. E siccome
chi scrive questa passione la coltiva, il voto non può essere che alto.
VOTO: 7,5
Melonstone, mercoledì 19/10/2016
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