Giunto alla
soglia dei sessant’anni (da compiere il 23 ottobre di quest’anno), Dwight
Yoakam continua a mantenere un’invidiabile energia creativa. E’ davvero
curioso, infatti, come un’artista considerato una sorta di istituzione della
musica country, e che ha venduto in carriera la bellezza di venticinque milioni
di dischi e raggranellato tanti riconoscimenti da poter concorrere con il
palmares del Real Madrid, abbia ancora la curiosità di vedere che effetto fa
mettersi in gioco. Perché Dwight, invece di replicare standards ormai
consolidati e, peraltro, assai fruttuosi, decide di scommettere sul proprio
passato e fa un lungo passo indietro nel tempo, tornando alle proprie origini.
In tutti i sensi. Recupera, infatti, vecchi successi e li rilegge in chiave
bluegrass, cioè attraverso quelle sonorità che rappresentano il patrimonio
genetico che Dwight ha acquisito per nascita (Yoakam è nato a Pikeville,
Kentucky, cittadina situata nel bel mezzo dei Monti Appalachi). In
Swimmin’ Pools, Movie Stars, dunque, c’è il sangue dei natali e ci sono le
radici personali; ci sono, soprattutto, grandi canzoni che hanno rappresentato
le tappe di un percorso di successo e ora trovano, invece, una seconda vita,
come fossero rigenerate da una selvatica genuinità. Non si tratta di un raschio
del barile voluto per meri fini commerciali, ma di un’operazione vincente e
convincente: classici come What I Don’t Know (da Buenas Noches From a Lonely
Room del 1988), Guitars, Cadillacs (title track dall’omonimo album d’esordio) o
Please, Please Baby (da Hillibilly Deluxe del 1987) sono posseduti da un
rinnovato slancio, suonano freschi e scalpitanti, goduriosissimi nella loro
(ritrovata) immediatezza. Yoakam, in definitiva, dimostra non solo di essere
uno dei più credibili depositari della tradizione a stelle e strisce, ma anche
uno dei pochi in grado di rileggerla con stili diversi e idee sempre
illuminanti. Poi, quando, a chiusura del disco, parte la cover di Purple Rain
di Prince (omaggio al genio di Minneapolis, deceduto durante le registrazioni
dell’album) anche il più pigro degli ascoltatori si rende conto di avere a che
fare con un artista a tutto tondo, uno capace di prendere il frutto di una
sensibilità agli antipodi dalla sua e trasformarla in un grande (e autentico)
classico bluegrass. Da non crederci.
VOTO: 7,5
Blackswan, martedì 18/10/2016
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