La recente uscita della ristampa di TheWiserMiserDemelza offre un buon
pretesto per occuparci nuovamente di una delle band più rilevanti della
stagione Neo-Sixties e di Graham Day che dei Prisoners fu cantante, chitarrista
e autore della maggior parte dei brani.
E’ il 1980 quando la band si forma a Rochester, nel sud
dell’Inghilterra, per iniziativa di Graham Day, un 16enne innamorato del Punk
quanto di Small Faces, Kinks e Pretty Things, del bassista Allan Crockford e
del batterista Johnny Symons. Una canzone del ‘79 è perfetta per battezzare la
band: Prisoners dei Vapors (quelli
della hit Turning Japanese). Poco
prima dell’esordio a 33 giri, A Taste Of
Pink!, si unisce al gruppo James Taylor che, con il suo Hammond onnipresente,
risulterà fondamentale per la resa ultra-garagista del sound del quartetto
inglese. Il disco, autoprodotto in linea con la filosofia DIY molto in voga in
quegli anni, suona grezzo e istintivo facendo comunque intravedere le grandi potenzialità
della band e riuscendo, cosa più importante per un manipolo di assoluti
esordienti, ad intercettare l’apprezzamento di John Peel che li trasmette nel
suo seguitissimo programma radiofonico della BBC. D’ora in avanti tutta
l’attività dei Prisoners si svolgerà a Londra, dove si stabiliscono nell’83,
rendendosi protagonisti di concerti incendiari diventati vieppiù leggendari in
seguito alle cronache entusiaste dei giornali dell’epoca. Questi primi successi
costituiranno un buon viatico per accaparrarsi un contratto con la potente Ace
Big Beat Records e per la registrazione di TheWiserMiserDemelza,
l’album della piena maturità artistica. Hurricane,
Love Me Lies, The Dream Is Gone e Melanie
(uscita poco dopo nell’Ep Electric Fit)
non faticano a diventare dei piccoli inni generazionali: Garage/Beat immediato
e solido R’n’B bianco approcciati in forme ruvide e malinconiche allo stesso
tempo come nella migliore tradizione della Medway Scene. I fan dei Jam, che
proprio nell’83 si sciolgono dopo l’uscita di The Gift, possono smettere di versare lacrime perché i Prisoners
incarnano gli stessi ideali musicali ed estetici della band di Paul Weller.
Un’eredità
ingombrante anche in termini di successo commerciale, che Day e compagni non
sapranno replicare al botteghino, ma che onoreranno artisticamente, soprattutto
con gli ultimi due album della loro storia discografica, The Last Fourfathers dell’85 e In
From The Cold dell’anno successivo. Entrambi i lavori indirizzeranno
ulteriormente la band sul versante del Mod Revival fino a diventarne i
protagonisti incontrastati, nonostante affermino e a più riprese, di non
sentirsi a loro agio in nessuna scena musicale in particolare. Queste
dichiarazioni a lungo andare produssero più guasti che comfort - siamo negli
anni delle forti contrapposizioni tra generi e movimenti - soprattutto in
termini di vendita e fidelizzazione di un pubblico più ampio. In questo biennio
lo scrigno di famiglia si arricchisce di altre gemme preziose a partire dalle
indimenticabili I Am The Fisherman e Whenever I’m Gone. Oppure la fantastica
cover della Hush di Joe South che 10
anni dopo verrà plagiata dai Kula Shaker ottenendo un successo planetario.
Saranno comunque in tanti a godere del lascito artistico dei Prisoners tra i
più sfacciati gli Inspiral Carpets, i Charlatans e gli stessi Blur di inizio
carriera. Insomma, una parte importante del Brit Pop milionario deve tanto a
Graham Day e i suoi Prisoners. Così vanno le cose: non sempre chi semina idee
raccoglierà frutti.
Dall’86 in poi Taylor e Day percoreranno strade diverse,
James Taylor e il suo Quartet riuscirà a ricavarsi una buona fetta di notorietà
grazie ad una formula elegante ed amichevole Acid/Jazz (nei primi tre album
compare anche il basso di Allan Crockford). Per Graham Day bisognerebbe invece
aprire un lungo capitolo, ci limitiamo a citare solo alcuni tra i progetti più apprezzabili:
Prime Movers e Solarflares (con Crockford figliol prodigo), le collaborazioni
con Billy Childish (Thee Mighty Caesars, Buff Medways) e più recentemente
l’attività solistica con l’apporto dei Gaolers e dei Forefathers. Infine, i
Prisoners: ogni tanto una breve rimpatriata, come nel ‘94 per una serie di
esibizioni dal vivo o nel 97 con la registrazione di un ultimo singolo, Shine On Me, straordinario pezzo
Garage/Soul, inaspettato quanto desiderato con fervore devozionale dalle
schiere di fan che si fanno sempre più nutrite con il passare degli anni.
Voto: 9
Porter Stout, venerdì 20/01/2017
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