Un vecchio e saggio
proverbio recita:”La mela non cade mai troppo lontano dall’albero”. Il senso della
frase è abbastanza ovvio e sta a significare, più o meno, che il dna non
inganna e che chi nasce per filiazione difficilmente avrà segni caratteriali opposti
a chi l’ha generato. Tuttavia, quello che succede a Ron Gallo, frontman dei Toy
Soldier, e qui al suo primo album solista, mette in dubbio un assunto che
sembrava non fare una piega. I Toy Soldier arrivano da Philadelphia
(Pennsylvania), sono in attività da una decina d’anni e frequentano con
maestria un genere in cui confluiscono blues, folk, soul e roots rock. Un suono
decisamente americano e legato alle radici che, evidentemente, a Ron Gallo sta
stretto. Il cantante e chitarrista, infatti, non ha mai nascosto una passione
giovanile per grandi gruppi e artisti, che col suono americano più tradizionale
hanno ben poco a che vedere: Marc Bolan, Lou Reed, The Who, Mott The Hoople e
Beatles. Una serie di riferimenti, quindi, prevalentemente britannici che costituiscono
l’ossatura di Heavy Meta (non è un errore di battitura, nel titolo manca
proprio la L), album d’esordio pubblicato per la celebre New West Label,
etichetta americana dedita prevalentemente a sonorità roots. Tutto il
contrario, cioè, dei suoni che ascolterete in un disco già accreditato da certa
stampa americana come tra i più interessanti (ed entusiasmanti) del 2017. In undici
canzoni, racchiuse in un packaging che più glamour non si può, Gallo sfodera
tutto il suo armamentario chitarristico, costruendo un disco in cui i
riferimenti citati ci sono proprio tutti. Eppure, nonostante le infinite
citazioni, non c’è una solo nota che sembra il frutto di nostalgico passatismo.
Gallo, per qualità di scrittura, ha un approccio da veterano, mentre per
esecuzione, prevale l’indole spavalda e giovanilistica del neofita punk che
lancia il cuore oltre la barricata, sfoderando un’energia e una grinta che da
tempo non ascoltavo. La miscela è esplosiva: punk’n’roll, garage, brit pop e
generose pennellate di glam rock. Per intenderci è come se i primi Arctic
Monkeys suonassero il repertorio dei T-Rex. La produzione è pressoché perfetta
e si percepisce una compattezza stilistica, non certo riferibile a un
esordiente, ma a chi ha già creato un suono ben identificabile, solido e
urticante. Un esordio ribollente, in cui i momenti topici si sprecano, come nel
garage 3.0 di Puts The Kids To Bed, nel mid – tempo rock di Poor Traits Of The
Artist, nella ballata beatlesiana in quota Lennon di Can’t Stand You o nelle
schitarrate glam della magnifica Young Lady, You Scaring Me. A chiosa del disco,
arriva All The Punks Are Domesticated, una ballata che è già un istant classic,
un pezzo che odora di leggenda fin dalle prime note, con cui Gallo si sofferma
con sarcasmo sullo stato dell’arte dell’attuale movimento punk rock (“All the rock stars are behind the bar/
serving computers with acoustic guitars/ It’s a travesty”). Heavy Meta non
è solo un esordio fulminante ma anche un disco che è davvero impossibile
togliere dal lettore. Di questa uscita, in Italia, se ne sono accorti in
pochissimi, ma sono pronto a scommettere che, non appena il nome di Gallo
inizierà a circolare, le riviste specializzate verseranno fiumi d’inchiostro.
VOTO: 8
Blackswan, giovedì 02/03/2017
2 commenti:
come al solito, si diverte a prenderci in giro - è ovvio che nessuno lo ha considerato in Italia -
FA PENA !!!
si ascolti un bel disco invece ....mark eitzel, hey mr.ferryman
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