Wire – 12 X U
I tre accordi sparati a
mille all’ora di 12 X U fanno degli
Wire di Colin Newman (ch, vc), Bruce Gilbert (ch), Graham Lewis (bs) e Robert
Gotobed (bt) una delle band da indicare obbligatoriamente ogni qualvolta si
parli di Punk inglese. Il pezzo, contenuto nel mini lp Mannequin, anticipò di qualche mese l’album Pink Flag che uscirà solo nel novembre del 1977. Questo esordio,
tra i più clamorosi di tutta la storia del Rock, verrà presto bissato dai
successivi ed altrettanto rivoluzionari Chairs
Missing e 154 gli altri capolavori
della band londinese nel biennio 78/79. In questi ultimi molti dei semi che
daranno vita della lunga e articolata stagione New Wave. Gli Wire, tra le
pochissime band del Punk settansettino ancora in attività, attraverseranno in
seguito molte fasi stilistiche quindi, con Send
del 2003 (disco tra i più eccitanti di tutto il decennio), arrivato dopo una
lunga pausa discografica, daranno il via alla loro seconda vita artistica. Dal
2011 in poi Colin Newman e compagni non fanno mai mancare un nuovo lavoro e
ogni volta sorprendono per classe e freschezza compositiva anche se l’impellenza
e il furore di 12 X U sono solo dei
lontani ricordi.
Gomez – See The World
Band atipica nel panorama
Britpop di fine anni 90, i Gomez di Southport capitanati dai
cantanti/chitarristi Ben Ottewell e Ian Ball, si misero in luce fin dagli
esordi con un sound ricco di influenze d’oltreoceano: Byrds e R.E.M. i numi
tutelari. Una miscela di Folk, Country e Rock chitarristico resa originalissima
da innesti Bluesy che seppe incontrare i favori di critica e pubblico, non solo
inglesi, ottenendo ottimi numeri al botteghino e riconoscimenti prestigiosi
come il Mercury Music Price che verrà loro assegnato per il primo album Bring It On. Nel 1999, Liquid Skin, conferma l’abilità del
gruppo nel comporre canzoni di facile presa senza che la qualità scada nelle
ovvietà del mainstream. See The World,
gioiello Folk/Pop di tutti gli anni zero, appartiene alla seconda parte della
loro produzione ed è tratta da How We
Operator del 2006. L’insuccesso di Whatever’s
On Your Mind del 2011 ha causato lo scioglimento della band innescando la
carriera solistica di Ben Ottewell che al momento stenta a decollare.
J.B.
Lenoir – I Feel So Good
L’anima
di un uomo, docu-film del 2003 diretto da Win Wenders e prodotto
da Martin Scorsese per la serie The Blues,
ha avuto il merito di sdoganare la figura di uno dei bluesman americani più
sottovalutati di sempre: J.B. Lenoir. Nato nel 1929 a Tilton nel Mississippi,
Lenoir cominciò da adolescente a suonare con alcuni dei migliori musicisti
dell’epoca, tra i quali Sonny Boy Williamson II, Elmore James, e Memphis Minnie.
All’inizio degli anni 60 arriveranno i suoi primi successi registrati per la
Chess Records sotto la supervisione di Willie Dixon e Muddy Waters: Alabama Blues e Down in Mississippi. In seguito si distinguerà con le sue canzoni
di protesta che lo renderanno inviso all’establishment discografico: pacifista,
colto, grande presenza scenica, nero. Il biglietto da visita sbagliato per
accedere ai piani alti del mondo dello spettacolo di quegli anni. Personaggio
scomodo, apertamente contro la guerra in Vietnam e sempre osteggiato dai media
per il suo radicalismo, J.B. Lenoir morirà, sconosciuto ai più, a soli 38 anni a
causa delle ferite riportate in un incidente automobilistico in cui era stato
coinvolto qualche settimana prima.
Porter Stout, domenica 12/03/2017
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