Band
di stra-nicchia, i The Sideshow Tragedy sono un duo di blues/roots/rock
proveniente da Austin, Texas, e composto dal chitarrista e cantante
Nathan Singleton e dal batterista Jeremy Harrell. E questo è più o meno
tutto quello che si sa della band, oltre al fatto che Singleton, vero
artefice del progetto, è cresciuto masticando tonnellate di blues
tradizionale (pare che il padre fosse un fanatico collezionista) e si è
fatto le ossa suonando in solitaria in parecchi locali dell’East Texas.
Fatta
questa breve premessa, utile per avere almeno un paio di coordinate su
chi sono i The Sideshow Tragedy, bisogna dire immediatamente che è
difficile credere che il disco sia suonato da solo due musicisti.
L’impatto, nonostante la produzione scarna di Kenny Siegal e le sonorità
quasi in presa diretta, è deflagrante e si ha l’impressione di essere
di fronte a una line up di quattro, cinque elementi.
Nonostante
il binomio batteria - chitarra non sia certo una novità, la peculiarità
del combo texano sta nel fatto che Singleton suona una resonator
guitar, elemento distintivo che sposta il suono della band verso un
terreno decisamente più roots, evitando che la scaletta si impantani in
scontati deja vu.
Decisamente
meno duri dei Royal Blood (che però usano un basso distorto e non la
chitarra), meno stilosi dei Black Keys, e meno essenziali e garage dei
White Stripes, i Sideshow Tragedy (nome ispirato a un poema di Arthur
Rimbaud) rivisitano il genere con un mood cupo e nervoso, con poche
concessioni alla melodia e qualche spostamento verso sonorità funky.
Pur
avendo la band uno stile ben delineato, si percepiscono in scaletta
richiami stilistici importanti: a Keith Richard (una delle fonti
d’ispirazione dichiarate dallo stesso Singleton), a Lou Reed (fatte le
debite proporzioni, lo ricorda in qualche modo la voce di Singleton e
l’incedere ieratico della title track), e ad altri mostri sacri quali Morphine e Nick Cave, da cui il duo eredita atmosfere inquiete e notturne.
Smaccatamente roots nella selvaggia Piston Blues, inaspettati nel funk ansiogeno di Time To Taste,
drumming in controtempo e il sax nervoso di Ben Senterfit a sparigliare
le carte in tavola, arrembanti nei tamburi battenti che aprono la
conturbante For Your Love, vagamente melodici nella quadrata Nobody e nel riff quasi hard di Trust,
i The Sideshow Tragedy apparecchiano un disco ruvido, fuligginoso e
poco accomodante, in cui rimasticano con originalità indie una materia
classicissima. Esordio coi fiocchi, ma non facilmente reperibile in
formato fisico. Presente, invece, sulle consuete piattaforme digitali.
VOTO: 7
Blackswan, martedì 27/02/2018
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