L’album, che segue Furnaces,
uscito nel 2016, vede Ed Harcourt aggiungere una nuova freccia al suo
arco musicale. Si tratta di una svolta rispetto al sottovalutato
predecessore: il versatilissimo cantante, scrittore e polistrumentista
elimina voce e parole per creare un gruppo di brani strumentali
prevalentemente pianistici come se fossero la colonna sonora di un film
ancora invisibile, quasi una risposta alla feroce sfida odierna di un
pianeta urlante con una calma meditativa e ipnotica.
“Il
mondo in cui viviamo – siamo esauriti da Internet, dai social media,
dal fuoco di fila continuo di notizie che ci vengono vomitate addosso
quotidianamente. Non puoi evitarlo ed è sfiancante. Perciò questo disco è
nato come un passo indietro – è qualcosa che cerca di essere bello. La
mia speranza è che le persone possano scegliere di nuotare in questa
musica quando tutto diventa troppo.”
Parlando
della gestazione del disco, scritto e registrato nel suo “Wolf Cabin”
studio nell’Oxfordshire, Harcourt ha affermato: “Sapevo di voler
comprare un nuovo pianoforte. Alla fine, ho trovato questo Hopkinson
Baby Grand del 1910, che è esattamente della stessa marca ed epoca del
pianoforte di mia nonna, su cui ho iniziato a studiare e col quale ho
scritto i miei primi tre dischi. Mi sono sentito di nuovo a casa. Avevo
bisogno di prendermi una pausa dal canto e dalle parole, così ho
iniziato a comporre bozzetti strumentali. Sono cresciuto ascoltando e
suonando Debussy, Satie, Mozart, Grieg così come compositori moderni
tipo Max Richter, Philip Glass, Arvo Part. Ho anche amato Warren Ellis [con cui Harcourt ha lavorato per il nuovo album di Marianne Faithfull]
e la colonna sonora di Nick Cave per “The Assassination Of Jesse
James”… Mi alzavo in queste mattine fredde di febbraio, prendevo un
caffè dopo che i bambini erano andati a scuola, poi venivo qui, chiudevo
la porta e suonavo… con la neve che scendeva sulla finestra.”
Con
il pianoforte accompagnato occasionalmente dal violino della moglie
Gita Langley e dal violoncello di Amy Langley, l’album trasporta in una
calma ingannevole che desta le più tempestose passioni interiori.
Riflessivo anche se mai remissivo, è come una tempesta silenziosa.
“Non c’è nulla di artificioso in questo disco. Viene dal cuore.”
Blackswan, mercoledì 10/10/2018
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