Se il passatismo fosse valutato in buoni del tesoro, i The Black Lillies, non c’è ombra di dubbio, sarebbero milionari. Stranger To me,
 infatti, è un disco che affonda le radici in un passato lontanissimo, e
 per la precisione nella California degli anni ’70, un periodo in cui la
 West Coast era qualcosa in più di un semplice genere musicale. 
Per
 cui, se avete nostalgia di quel periodo in cui i Poco erano al top 
della carriera, se ancora siete provati dallo scioglimento di CS&N e
 Buffalo Springfield, se da tempo siete alla ricerca di una band che 
riesca a far rivivere le ammiccanti melodie degli Eagles, questa nuova 
prova targata Black Lillies è fatta su misura per voi. 
Il
 leader e fondatore della band, Cruz Contreras, ha cambiato le carte in 
tavola, migliorando qualitativamente il progetto: ha trasformato il 
sestetto riducendolo a un più compatto quartetto, e ha sostituito la 
cantante femminile Trish Gene Brady (inevitabile il disappunto di molti 
fan della prima ora), dando maggior visibilità a Sam Quinn 
(ex-Everybodyfields) in veste di coautore e di frontman. L'album numero 
cinque in carriera non rappresenta certo una grande svolta stilistica 
(le composizioni mantengono sempre un mood molto caldo e melodico) ma vi
 è tuttavia un chiaro intento di rendere più ruvido il suono rispetto a 
quel country rock decisamente raffinato per cui i Black Lillies erano 
conosciuti. 
Il cambiamento è evidente fin dall’opener, il mid-tempo rock di Ten Years,
 in cui la pedal steel viene sostituita con la slide guitar di Dustin 
Schaefer, per un brano dal ritornello irresistibile che evoca 
palesemente una canzone alla Souther-Hillman-Furay (la voce di Quinn è 
stranamente simile a quella di Richie Furay).E un approccio decisamente 
rock è anche quello che innerva Weighting, il cui drive di chitarra ci riconduce a sonorità che portano impresse il marchio di fabbrica Neil Young. 
E’ un susseguirsi di citazioni la scaletta di Stranger To Me, ed è difficile, ad esempio, non fare paragoni con gli Eagles, quando parte Ice Museum, la cui ritmica e melodia ricorda lo stile unico che ha reso memorabile la leggendaria band Californiana. 
Il
 disco funziona molto bene soprattutto nella prima parte, in cui è 
evidente lo sforzo di cambiare (leggermente) rotta e il songwriting, 
nonostante evidenti debiti col passato, risulta fresco e corroborato da 
buone idee. L’eccessiva lunghezza del minutaggio (tredici canzoni per 
oltre cinquantadue minuti di musica) toglie, tuttavia, efficacia alla 
proposta, che, nella seconda parte, si fa ridondante e ribadisce, anche a
 livello testuale, concetti un po' frusti legati alla vita del musicista
 on the road. 
Tuttavia, questo ritorno (sono passati tre anni dall’ultimo Hard To Please) possiede ottime carte, sia nei pezzi citati poc’anzi, ma anche in altri episodi particolarmente centrati come la romantica Out Of The Blue (i Jayhawks in sotto traccia) o nell’acustica Earthquake, che sfoggia un interplay vocale degno dei CS&N. Stranger To Me,
 in definitiva, è un disco molto piacevole, che paga pegno all’eccessiva
 lunghezza, ma che a tratti (più di metà della scaletta è di ottima 
fattura) saprà sostituire nel cuore degli appassionati la nostalgia per 
quel suono West Coast che imperversava a inizio anni ’70. Non un'opera 
indimenticabile, ma decisamente una bella rimpatriata con amici di lunga
 data.
VOTO: 6,5
Blackswan, martedì 09/10/2018 

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