La
vera notizia non è tanto l’uscita di un nuovo disco a firma Joe
Bonamassa, quanto invece il fatto che si tratta della prima
pubblicazione a suo nome del 2019. D’altra parte, il chitarrista
newyorkese, da tempo ci ha abituati a ritmi vertiginosi, facendo
succedere le uscite discografiche con la stessa regolarità delle
stagioni climatiche. Da solo o in compagnia (Black Country Communion),
gli album pubblicati ogni anno sono infatti almeno tre.
Questo
Live At The Sydney Opera House è poi l’ennesima riproduzione di un
concerto (risalente però al 2016), tanto che non sarebbe solo
un’iperbole affermare che Bonamassa abbia più live nella propria
discografia che capelli in testa. La domanda che sorge spontanea è
quindi quella che spesso ci poniamo: vale la pena acquistare un nuovo
disco dal vivo del pur valente chitarrista americano? Se siete fan, come
è probabile che siate, se state leggendo queste righe, la risposta è
ovviamente si. Anche perché, a prescindere dalle differenze fra una
scaletta e l’altra dei numerosi concerti pubblicati (qui la parte del
leone la fanno ben sette brani estratti da Blues Of Desperation),
Bonamassa è comunque sinonimo di qualità.
Merito
anche di una band rodatissima, di cui fanno parte Reese Wynans alle
tastiere, Michael Rhodes al basso, Anton Fig alla batteria, Mahalia
Barnes, Juanita Tippins e Gary Pinto ai cori, Paulie Cerra e Lee
Thornburg ai fiati. Band super affiatata, dicevamo, che il chitarrista
frequenta dal tempo e che asseconda il buon Joe in una scaletta, breve
di titoli (le canzoni sono nove in tutto: oltre alle sette citate, anche
Love Ain’t a Love Song da Different Shade Of Blue e la cover di Florida
Mainline tratta da 461 Ocean Boulevard di Eric Clapton) ma assai lunga
nell’esecuzione dei singoli brani, quasi tutti oltre i sette minuti.
Spazio,
quindi, al lato più jammistico del combo, che vede ovviamente il
chitarrista sugli scudi con assoli lunghissimi, come sempre molto
tecnici e ricchi di fantasia (ascoltate che numeri nell’iniziale This
Train, che cita anche Locomotive Breath dei Jethro Tull, o nella lenta
How Deep This Rivers Runs).
Nonostante
chi scrive sia un fan della prima ora e i dischi di Bonamassa li abbia
proprio tutti, compreso questo, bisogna però essere onesti: Live At The
Sydney Opera House non è un disco imperdibile. Tuttavia, se siete fan di
Joe o vi piace il rock blues e la chitarra che vola libera e senza
freni, controindicazioni non ve ne sono. E’ solo un rito che si ripete
nel tempo, senza soluzione di continuità. Finché non annoia, va
benissimo così.
VOTO: 7
Blackswan, sabato 07/12/2019
Nessun commento:
Posta un commento