martedì 9 giugno 2020

VANJA SKY - WOMAN NAMED TROUBLE (Ruf Records, 2020)

L’etichetta tedesca Ruf Records è ormai da ventisei anni sinonimo di qualità. Dalle sue scuderie sono usciti artisti e dichi che hanno fatto la storia più recente del rock blues. Parlo di personaggi sulla cresta dell’onda come Samantha Fish, Ana Popovic, Eric Bibb o Sue Foley, solo per citare i nomi più noti.
Tra le ultime scoperte in ordine di tempo del patron Thomas Ruf c’è Vanja Sky, salita alla ribalta due anni fa con il bellissimo disco d’esordio Bad Penny.  Questa ragazza con la chitarra a tracolla e il cuore votato al verbo rock blues arriva dalla Croazia, nello specifico da Buzet, e ha iniziato a suonare la chitarra solo sette anni fa, dopo aver assistito a un concerto in un locale di musica dal vivo vicino alla sua città natale. Così inizia la storia artistica di Vanja che, dopo quella sera, ordinò una chitarra economica su internet, iniziò a prendere lezioni, e quindi abbandonò il suo lavoro di pasticciera per dedicarsi alla musica.
Circa due anni dopo, Vanja se ne andò di casa per unirsi a una rock band che era di stanza a Zagabria. Concerti in Serbia, Slovenia, Germania e nella sua nativa Croazia le hanno permesso di affinare le abilità sia come cantante che come chitarrista.
Poi, nel 2017, più veloce di quanto avrebbe potuto immaginare, la Sky è già in studio per registrare il suo disco d’esordio con alcuni dei più grandi nomi della scena blues. La sua carriera da professionista inizia, dunque, ai Bessie Blues Studios di Stantonville, nel Tennessee, la “casa” del produttore vincitore del Grammy, Jim Gaines. Lì, ha registrato per primo il frizzante road blues Low Down and Dirty di Luther Allison insieme ai chitarristi Mike Zito e Bernard Allison.
Per Zito, una delle figure più autorevoli del rock blues contemporaneo, è stato amore a primo ascolto: ha prodotto il disco Bad Penny, vi ha suonato la chitarra ritmica, e ha affiancato a Vanja un gruppo di abili sessionisti per registrare altri undici brani.
Quell’esordio era grezzo e potente, si percepivano tutti i limiti di questa giovane ragazza ma anche qualità come l’entusiasmo, la passione e una verace urgenza.
Woman Named Trouble è stato registrato in Germania insieme a un gruppo di ottimi musicisti locali ed è stato prodotto da Roger Inniss, che ha anche suonato alcune parti di basso. Rispetto al precedente, questo sophomore è decisamente meglio confezionato, curato nei dettagli e arrangiato e suonato decisamente meglio. Ne guadagnano il quadro d’insieme e l’appeal di una musicista che ha evidentemente fatto passi da gigante sotto il profilo della tecnica, ne perdono, invece, l’immediatezza e la veracità, che erano le frecce più acuminate dell’arco della giovane croata.
Il disco, però, pur nella sua prevedibilità, è molto buono, più virato al rock che al blues, come testimonia l’uno due iniziale (Rock’n’Rolla Train e Hard Times), graffiante campionario di riff stonesiani.
La Sky ha oggi acquisito una sicurezza che agli esordi mancava e gestisce alla perfezione il tiro diretto e scorbutico di rock blues grezzi e rumorosi (Voodoo Mama), ballate acustiche che distillano roots americano e melodia (Call Me If You Need e What’s Going On), tirate adrenaliniche al limite dell’hard rock zeppeliniano (Oh Well) e la consueta cover dal repertorio di Rory Gallagher, vero padre putativo per la Sky, qui omaggiato con un gran bella versione dell’incandescente Shadow Play.  
Woman Named Trouble è forse un disco meno arrembante e più di maniera del suo predecessore, ma resta comunque un bell’esempio di come sia possibile maneggiare con intelligenza una materia risaputa. Vanja Sky, poi, è quasi una neofita, a cui perdoniamo volentieri tutti i difetti della giovane età artistica. Il talento c’è, però, e questa è la cosa più importante.

VOTO: 7





Blackswan, martedì 09/06/2020

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