Indie rock, indie – folk, alt-country, goth folk. Scegliete
a caso una di queste definizioni comunemente usate per inquadrare la musica dei
Murder By Death e mettere in conto che probabilmente avrete scelto il termine
sbagliato. Soprattutto avendo riguardo a quest’ultimo Big Dark Love, settima
fatica in studio della band proveniente da Bloomington (Indiana) e capitanata
da Adam Turla, voce tenebrosa e songwriting cristallino, uno dei dischi stilisticamente
meno coerenti ascoltati quest’anno. Meglio, quindi, partire dalle poche
certezze, da quei pochi dati di fatto che sono le costanti di un disco
altrimenti eccessivamente disomogeneo: da un lato un mood crepuscolare e malinconico che si mantiene
intatto per tutta la mezz’ora di durata dell’album; dall’altro, una ricchezza
di strumentazione e arrangiamenti (il violoncello di Sarah Balliet,
soprattutto, è una presenza decisiva nello sviluppo melodico di molti brani)
che rendono il suono pieno e corposo. Fine delle certezze. Big Dark Love,
infatti è un disco umorale, che modifica continuamente canoni espressivi, che confonde
le idee spaziando fra diversi registri, che cambia le regole del gioco in corso
d’opera e mette tanta carne al fuoco, riuscendo miracolosamente a non suonare
mai sovrabbondante (aiuta la contenuta lunghezza dei brani che solo in un caso
superano i quattro minuti). Nella prima parte del disco, infatti, sembra
talvolta di ascoltare i The National (Strage Eyes), ma approfondendo gli
ascolti si percepiscono anche echi molto british (la title track) e sonorità
rasenti al soul, come nella doppietta centrale, assai brillante a onor del
vero, di Dream In Red e Solitary One. Nella seconda parte, invece, si vira
verso un suono decisamente più americano, rielaborato modernamente (Send Me
Home mi ha fatto pensare ai Richmond Fontaine), levigato col pop per passaggi
radiofonici (Last Thing), ossequioso verso la tradizione (Natural Pearl possiede
lo stesso dna del Boom Chika Boom di Johnny Cash) e di derivazione
cinematografica (Morricone e il western della conclusiva, splendida, Haunted).
In definitiva non c’è nulla di lineare e scontato in Big Dark Love, e soprattutto
all’inizio il rischio è quello di perdere il bandolo della matassa; eppure,
sorprende il fatto che, nonostante la mancanza di coerenza stilistica, il
risultato finale suoni tutt’altro che confuso. Fascinoso, semmai. Bisogna solo
lasciarsi andare a qualche volo pindarico e sbrigliare un po’ la fantasia: le
suggestioni arriveranno senz’altro.
VOTO: 7
Blackswan, martedì 28/04/2015
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