Rallentare,
fermarsi, riappropriarsi delle proprie emozioni e abbandonarsi al
flusso dei pensieri, riscoprendo la magia della lentezza. Là fuori c’è
un mondo ostile e iperveloce, un mondo che corre a perdifiato verso
l’autodistruzione, fagocitando tutto ciò che incontra in nome di un
consumismo frenetico che toglie respiro alla consapevolezza. Allora,
fermarsi e mettere nel lettore Natural Wings, secondo disco del
cantante e chitarrista padovano, Gabriele Dodero, è un piccolo gesto
rivoluzionario, un atto di rivolta con cui riaffermare noi stessi,
assecondare il battito del cuore e sondare la fragilità dell’intimo.
Ognuna
delle nove canzoni che compongono la scaletta dell’album sa di buono,
profuma di cose autentiche e antiche, evoca ricordi e sensazioni di cui
troppo spesso ci dimentichiamo. In Natural Wings il tempo è
sospeso e l’attimo si ferma: basta chiudere gli occhi per essere rapiti
da suggestioni che questa musica ha la forza di materializzare, con
inusuale naturalezza. Un camino accesso, la danza placida della fiamma,
una carezzevole penombra, il calore del bourbon che intorpidisce le
membra, il profumo dei ceppi che si consumano e quello della nostalgia,
che illanguidisce il cuore.
Nove
canzoni levigate con una cura artigianale che, però, non si esaurisce
solo nel gesto (la mano ferma, la precisione dell’intarsio, la cura del
dettaglio), ma soprattutto si alimenta di un amore sincero, quasi
fisicamente palpabile. Queste, non sono solo belle canzoni, vivide di
emozioni e suonate magnificamente (insieme a Dodero ci sono Antonio De
Zanche al contrabbasso, Stefano Chimetto al violino e Michele Boscaro
alla fisarmonica): si fanno amare, perché soprattutto le ama chi le ha
scritte, interpretate e suonate. Una sensazione immediata, che si prova
fin da subito, fin dal primo ascolto. Non ci sono filtri, tutto è
diretto e autentico.
Sei
canzoni originali e tre cover che un suono caldo e avvolgente
trasforma in morbido velluto, su cui passare la mano, per evocare
attraverso il tatto. Un ordito di folk e blues, la cui trama ci conduce
nel cuore degli States, alle radici di un suono. Dodero, però, resta
lontano dalle metropoli, dalle aree suburbane, dal cemento e dalle
contraddizioni, sociali e politiche, in cui annaspa l’America trumpiana.
Natural Wings torna semmai alla terra, ai luoghi tratteggiati
della nostra fantasia e all’immaginario che evocano. E’ un viaggio, nel
suono e nella tradizione, ma non c’è precisione geografica né
iconografia da cartolina, perché quella raccontata da Dodero è
un’America rurale e senza tempo, le cui immagini si sovrappongono, in
uno scorrere lento e appassionato, in cui l’ascoltatore trova i propri
riferimenti: l’ondeggiare al vento di un campo di grano, uno sterrato
polveroso che si perde nel tramonto dell’orizzonte, una birra ghiacciata
in veranda quando il crepuscolo anticipa la sinfonia dei grilli, o il
fiume, che scorre poco più in là, selvaggio, limaccioso e seducente.
La sospensione estatica di Back To You, il respiro malinconico di The Lone Traveller, le dolci rarefazioni di The First Star, e quel monumento, Don’t Think Twice It’s All Right
di Bob Dylan, riletto con una sensibilità melodica che schianta il
cuore e commuove alle lacrime, sono le vette di un disco di una bellezza
disarmante. A testimonianza che anche in Italia, nonostante il mare
magnum di mediocrità a cui siamo ormai abituati, esiste ancora chi sa
scrivere grandi canzoni destinate a durare nel tempo.
VOTO: 8
Blackswan, venerdì 31/01/2020