I
Foreign Fields sono una di quelle piccole realtà indie, i cui dischi,
centellinati nel tempo, sono patrimonio di una ristretta cerchia di
appassionati. Eppure, non conosco nessuno che, dopo aver ascoltato una
loro canzone, non si sia lasciato ammaliare dalle fragili, aeree e
aggraziate melodie di cui si sostanzia la loro musica.
Brian Holl ed Eric Hillman, nel 2012, avevano pubblicato il loro primo, bellissimo lavoro (Anywhere But Where I Am)
seguendo letteralmente le orme di Bon Iver: canzoni scritte e
registrate nel Wisconsin, in un ufficio abbandonato e gelido, durante un
rigido inverno. La stessa genesi, più o meno di For Emma, Forever Ago
del connazionale Justin Vernon, con cui il duo condivide, al netto di
un percorso artistico diverso, più o meno la stessa idea di songwriting.
Che trova nuova linfa vitale in questo terzo The Beauty Of Survival,
un disco in cui il duo invita a cercare la bellezza anche nei momenti
bui e difficili della vita (ed è veramente una strana coincidenza come
questo album esca proprio in uno dei momenti più difficili per tutta
l’umanità).
Solo
nove canzoni, per quaranta minuti di durata, in cui i Foreign Fields
tratteggiano con delicatezza il loro folk dalle radici antiche,
vestendolo però di elettronica gentile, creando suggestioni cinematiche
che evaporano in paesaggi agresti, sfiorando la volta celeste con
delicati ed eterei sfarfallii, suggerendo languori di indicibile
malinconia. Un sorta di bolla sonora contemplativa, in cui lo sguardo
cerca la bellezza in tutte le sue declinazioni, in cui musica e testi
sono lenimento per l’anima, abbrivio di speranza, carezzevole conforto.
Ciò che avviene, ad esempio, nella dolcezza avvolgente di Don’t Give Up,
uno dei singoli che hanno anticipato l’uscita dell’album, canzone che
sui nostri tentativi, talvolta imperfetti, di portare una piccola
speranza a coloro che ci stanno vicino. “Si tratta di essere lì con
loro nei momenti più bassi e ricordare loro quanto sono veramente forti.
Che sono visti. Che sono ancora vivi.”
Sentimenti di speranza, di empatia e di condivisione, che il duo esplora attraverso paesaggi di surreale folktronica (Terrible Times), nel fingerpicking soave e gli archi suadenti dell’iniziale e stupenda Brand New, nella sensibilità meditabonda e nel fascino cinematografico di Light On Your Face, o nella zampillante allegrezza di Only Water.
Nove
tracce calde e avvolgenti, nove canzoni di resilienza e fascinazione
sonora, che aprono ampi squarci di sole nell’orizzonte tormentato di
nuvole del nostro futuro. Terapeutico.
VOTO: 7,5
Blackswan, martedì 07/04/2020
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