giovedì 6 novembre 2025

Lathe Of Heaven - Aurora (Sacred Bones Records, 2025)

 


Che il post punk e le sue derivazioni dark wave abbiano trovato negli ultimi anni terreno fertile per un impetuoso revival è un dato di fatto. Le band che tornano a rimasticare le sonorità che andavano per la maggiore negli anni ’80 crescono come funghi: alcune con l’intento di interpretare quel suono in chiave moderna, plasmandolo per renderlo alternativo e appetibile a un pubblico più giovane, altre, invece, spinte da intenti evidentemente nostalgici, riprendendolo sic et simpliciter, e accompagnandolo con l’inevitabile citazione dei tanti eroi che resero leggendaria quell’epoca lontana.

In questa seconda schiera di artisti, possono essere annoverati i newyorkesi Lathe Of Heaven, che giunti con Aurora al loro secondo album, continuano in un viaggio immersivo negli anni ’80, replicandone tutte le caratteristiche: accordi prevalentemente in minore, tappeti di synth carichi di melodie malinconiche, il basso pulsante come architrave, chitarre stridenti, un suono carico di eco, un tocco di batteria elettronica, furiose cavalcate accese da urgenza punk.

Le canzoni create dalla band capitanata da Gage Allison non sono solo un recupero nostalgico, ma coinvolgono completamente i sensi dell’ascoltatore, creando la sensazione di essere fisicamente presenti in quella magica decade. Chi ha vissuto in prima persona quegli anni, tornerà ragazzo, c’è da scommetterci, e si ricorderà la propria collezione di dischi dell’epoca, composta dai capolavori di Cure, Echo & The Bunnymen, Killing Joke, Psychedelic Furs, Sister of Mercy, etc.

Alla base di Aurora, però, non c’è l’ombra di copia incolla: a fronte di un pregevole lavoro di recupero filologico, ci sono anche grandi canzoni, e se il mood resta quello crepuscolare del genere, le melodie, soprattutto nella prima metà, sono esplosive e pop, tanto da rivestire l’album di una glassa zuccherina che lo rende tanto contagioso quanto suggestivo. In tal senso, Aurora è un disco dark wave orecchiabile e raffinato, che sceglie anche una strada contigua al lo-fi, soprattutto nella seconda parte, risultando al contempo traboccante di languori malinconici e ritornelli uncinanti. 

L’iniziale "Exodus" indica in modo evidente le intenzioni dei Lathe of Heaven, mentre synth levitanti, percussioni galoppanti e ritornelli svettanti preparano la scena per ciò che verrà. La successiva "Aurora" è di una bellezza che toglie il fiato, e grazie all’irresistibile melodia del ritornello e alla voce di Allison che ricorda molto quella di Richard Butler sembra un outtakes da Mirror Moves dei Psychedelic Furs. Uno degli apici del disco e, probabilmente il momento più struggente e romantico: "La poesia della perdita, non pronunciata sulle tue labbra, sapendo che sei ancora lì, quando non c'è più niente, Perso in pura devozione, tracciando il paradiso che giace accanto a te".

Sotto il profilo delle liriche (i testi sono presenti nel booklet del cd), la scelta delle parole di Allison è ricercata e poetica, raggiungendo a tratti vertici inaspettati per una rock band. Così quando in "Just Beyond the Reach of Light" canta di essere trafitto dal potere dell'amore, sopra una valanga di tamburi fragorosi al rallentatore ("Sono intrappolato nella sua carezza, un'eclissi misericordiosa, Per farmi sentire vivo ancora una volta”), una lacrimuccia di inesplicabile felicità, complice anche lo splendido impianto melodico, inevitabilmente riga il volto.  

Se "Portrait Of A Scorched- Earth" (dedicata al genocidio di Gaza) è un tirata rabbiosa che ricorda certe cose dei primi Cure, evocati anche nella sottile lucentezza e nella ritmica incalzante di "Oblivion", "Kaleidoscope" chiude la prima parte dell’album con quel mood triste – allegro, che ti fa girare vertiginosamente la testa, in un connubio stranissimo di estasi e lacrime.  

La seconda metà di Aurora si orienta, invece, verso un sound più punk, che spinge forte il piede sull’acceleratore di "Matrix Of Control" o si lascia trascinare dai tamburi battenti e le chitarre graffianti di "Catatonia", due brani che accantonano le belle melodie per mordere selvagge alla gola. "Infinity's Kiss" ribadisce l’essenza di questa seconda parte del disco, in cui le raffinate inclinazioni melodiche e i synth fiorenti si mettono al servizio di un tiro più livido e crudo.

Un cambiamento di dinamica quasi stridente rispetto al lato A, che offre, tuttavia, maggior varietà alla proposta, accontentando anche quegli ascoltatori più inclini verso un suono pesante, che richiama alla mente Killing Joke e Bauhaus.

Chiudono il disco altre due belle sberle in faccia ("Automation Bias" e "Rorschach"), cantate da Allison petto in fuori e muscoli in bella mostra, suggellando una prova di altissimo livello, che esplora i vari volti della dark wave ottantiana attraverso una consapevolezza unica.

Se questo è il genere che più amate fin da quando eravate ragazzi, se il disco dei Cure dello scorso anno continua a girare nei vostri lettori con inarrivabile soddisfazione, date allora una chance ai Lathe Of Heaven e ad Aurora: scommetto che sarà il vostro disco del 2025.

Voto: 8

Gnere: Post Punk

 


 

 

Blackswan, giovedì 06/11/2025

Nessun commento: