lunedì 3 marzo 2025

The Delines - Mr. Luck & Ms. Doom (Decor, 2025)

 


Talvolta, musica e letteratura s’incontrano, si fondono l’una nell’altra per dar vita a una forma d’arte superiore, più inclusiva. Raramente, però, questo accade come nei dischi degli americani The Delines, band fondata dal romanziere Willy Vlautin, una delle penne più interessanti d’America, epigono di scrittori leggendari quali Sam Shepard, John Steinbeck e Raymond Carver.

Il risultato del connubio fra canzone e letteratura, in questo caso, ha qualcosa magico, così come qualcosa di magico emerge dalla storia della nascita della band.

Willy Vlautin, leader dei Richmond Fontaine, ascolta per caso Amy Boone, vocalist dei Damnations, cantare una ballata, e rimane così colpito dalla sua voce, da iniziare a scrivere alcune canzoni, sognando di sentirle interpretare da quest’ultima. Impiega più di un anno per trovare il coraggio di avvicinarla e chiederle di mettere in piedi una band, proposta che viene immediatamente accettata, dopo che la Boone ascolta il materiale composto dal romanziere.

Nascono così i Delines, la cui musica, un elegante country soul dal retrogusto malinconico, trova il suo punto di forza proprio nelle liriche dello scrittore/musicista, brevi racconti in miniatura, che evitano schemi in rima e spesso anche la formula strofa/ritornello, per narrare storie di un’umanità persa, senza speranza. Storie di quei perdenti, amanti disperati, donne sole, reietti in cerca di un impossibile riscatto, raccontati così bene nei romanzi di Vlautin e, qui, colti nel cuore di un momento, negli attimi di una sequenza cinematografica.

Quello di Vlautin è lo sguardo sull’America degli ultimi, di uomini e donne sconfitti dalla vita, a cui non resta altro che abbandonarsi alla deriva, sperando, prima o poi, in un appiglio che trasformi la speranza in salvezza. Spesso manca il lieto fine, e i racconti si dipanano attraverso l’amara visione di esistenze dal destino segnato, tratteggiata con crudo realismo, ma lontano da clichè o da scontate retoriche.

Anche il fil rouge che lega le canzoni di Mr Luck & Ms Doom, così come nei precedenti lavori, è quello di poveracci in fuga o che si trovano a mangiare il pane duro offerto da miserabili periferie, reietti le cui vite spesso si dipanano disperate a causa della povertà, della dipendenza delle droghe, di crimini commessi per sopravvivere, dell'incarcerazione che ne consegue e di decisioni sbagliate prese in giovane età, e reiterate nel tempo. Un realismo che lascia l’amaro in bocca, solo in parte addolcito da una scrittura musicale che fonde country, soul e rock, in un connubio elegantemente arrangiato per dare risalto alla voce arresa, stanca, ma traboccante pathos della bravissima Amy Boone.

La title track, che apre il disco con meditabonde e agrodolci atmosfere soul (la delicatezza dei fiati, il velluto delle tastiere), ci consegna la storia d’amore fra due disgraziati, le cui vite stazionano sull’orlo del baratro. Mr. Luck è un criminale da strapazzo, che si è fatto quattro anni di galera al primo crimine commesso, mentre Ms. Doom è una donna delle pulizie consumata dalla depressione. La relazione che nasce tra loro è reciproca salvezza e consolazione, i due “consumano ogni materasso in ogni stanza”, trovando nel sesso la fuga dal dolore.  Non c’è romanticismo nella prosa di Vlautin, ma solo una sorta di riflessione naturalista, nata dalla volontà di travalicare i tropi della canzone d’amore, alimentando tuttavia un salvifico anelito di speranza.

L'ottimismo non dura a lungo e "Her Ponyboy" colpisce allo stomaco con la sua storia di dipendenza, di lavori occasionali su pescherecci e in fattorie di noci pecan, fino al macabro epilogo di un ago nel braccio. Ancora una volta, la musica è avvolgente e raffinata, il tocco si fa delicatamente jazzy, l'arrangiamento è misurato e immacolato, ma l’atmosfera è meno leggera, pregna semmai di malinconica rassegnazione.

Musicalmente, "Left Hook Like Frazier" è la canzone più immediata, quasi allegra, evoca all’inizio un aggraziato divertissement alla Style Council, anche se la leggerezza si scontra col racconto ammonitore di donne dal cuore spezzato che si attaccano a uomini da poco, incapaci di dare felicità, proprio come Frazier, uno che "aveva una moglie e dei figli, un gancio sinistro… e parole che colpivano altrettanto forte".

La vita non sorride ai perdenti, non c’è redenzione, e men che meno l’happy ending: Vlautin guarda la realtà così com’è, icastiche e puntute, le sue liriche raccontano un’America vera, lontana dall’epos, dall’iconografia tradizionale, condensata, invece, in esistenze sull’orlo del baratro, e in personaggi che affollano highways, motel a buon mercato, bar fumosi, periferie ove il pericolo incombe, proprio dietro l’angolo. Vite ordinarie, precarietà, destini già segnati. 

Così, le atmosfere quasi trasognate di "Sitting On The Curb" introducono alla storia di perdita ("Ciò che ha richiesto anni per costruire, un singolo incontro può portare tutto al suolo") mentre la lenta e meditabonda "There’s Nothing Down The Highway" è ancora più cupa nel tratteggiare una donna che fugge dalla sua vita ma scopre che non potrà mai scappare da se stessa. Poche note di piano, le spazzole della batteria di Sean Oldham e la voce arresa della Boome spingono verso una rassegnazione che morde la gola e non lascia scampo.

Le dolci armonie e l’incedere rilassato di "Don't Miss Your Bus Lorraine" (che meraviglia l’arrangiamento dei fiati!) risolleva un poco l'atmosfera ombrosa della precedente canzone, anche se le liriche traboccano di amara ironia per raccontare di Lorraine, che dopo aver scontato una pena per possesso di marijuana, finisce in una cittadina dove il possesso è ora legale, ma come criminale non riesce a trovare lavoro. Un nome, quello di Lorraine, che torna anche nella conclusiva, breve e struggente "Don’t Go Into That House". Un minuto e trenta in cui la voce della Boone ripete il titolo del brano sullo scarnissimo arrangiamento composto da poche note di piano e dal suono di una tromba di inquietante mestizia. L’escamotage è di creare un crescente senso di presentimento e timore, i cui esiti sono rimessi esclusivamente all’immaginazione dell’ascoltatore: cosa c’è in quella casa? La scena di un delitto domestico? Un marito brutale? Ricordi che straziano il cuore?

Mr Luck & Ms Doom è l’ennesimo album avvincente che rende la discografia dei Delines un tesoro imperdibile per chi ama musica di spessore, ricercata nei suoni e profonda nelle liriche. Pubblicato il giorno di San Valentino, il disco sembra ammiccare con malizia al fatto che fra i suoi solchi non si troverà un briciolo di romanticismo, né amori a lieto fine, e tanto meno buoni sentimenti.  

La bellezza di Mr Luck & Ms Doom risiede, invece, in undici straordinarie ballate e, soprattutto, nella penna di Vlautin che, tenendosi ben distante da luoghi comuni e stereotipi, costruisce una sincera empatia per i suoi personaggi, raccontando quella sofferenza universale, che abbiamo spesso davanti ai nostri occhi e che spesso facciamo finta di non vedere.

Voto: 9

Genere: country soul

 


 

 

Blackswan, lunedì 03/03/2025